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Guadagni fino al 40% in più, ma tutto ha un prezzo e non tutti sono disposti a pagarlo

La fuga di cervelli continua a essere un fenomeno preoccupante per l’Italia, con laureati che guardano oltre i confini in cerca di fortuna.

Uno studio condotto da Almalaurea sui laureati tra il 2016 e il 2020 getta luce su una realtà inconfutabile: chi decide di lavorare all’estero può aspettarsi retribuzioni significativamente superiori rispetto a chi rimane in Italia.

Mentre gli sforzi devono concentrarsi sul miglioramento delle condizioni lavorative e salariali in Italia per invertire questa tendenza preoccupante, è altrettanto importante considerare politiche regionalizzate capacità d’attrarre investimenti nel Sud Italia così da creare nuove opportunità professionalmente stimolanti anche nelle aree meno sviluppate del paese.

Stipendi medi dei laureati a confronto: Italia ed estero

Analizzando i dati forniti da Almalaurea, emerge un quadro chiaro delle disparità salariali tra i laureati italiani che scelgono la via dell’emigrazione e quelli che decidono di restare nel Paese. Cinque anni dopo la laurea, coloro che hanno trovato impiego all’estero godono di uno stipendio medio mensile di 2352€, ben superiore ai 1599€ percepiti dai loro coetanei rimasti in Italia. Anche a breve termine, le differenze sono notevoli: già un anno dopo la laurea, gli stipendi medi si attestano a 1963€ per chi è all’estero contro i 1384€ per chi è rimasto.

I laureati cercano fortuna all’estero- Cantolibre.it

Queste cifre non solo confermano la tendenza degli stipendi più bassi in Italia rispetto ad altri Paesi ma sollevano anche interrogativi sulle motivazioni profonde che spingono alla migrazione professionale.

Il settore della ricerca e dell’alta formazione non fa eccezione quando si parla di fuga dei talenti. Circa il 20% dei dottorandi italiani sceglie infatti di lasciare il Paese una volta conseguito il titolo. Le ragioni? Stipendi poco competitivi e percorsi professionali incerti rendono l’Italia meno attrattiva rispetto ad altre nazioni come Germania, Francia e Regno Unito. Il sistema accademico italiano appare quindi carente sia in termini retributivi sia per quanto riguarda le prospettive concrete offerte ai giovani ricercatori.

Un altro aspetto della migrazione interna italiana riguarda il movimento dal Mezzogiorno verso il Nord del Paese. Negli ultimi dieci anni circa un milione di italiani ha lasciato l’Italia, con una quota significativa rappresentata da laureati provenienti dal Sud. Questo fenomeno contribuisce alla “desertificazione universitaria” del meridione italiano e pone serie questioni sulla necessità di interventi mirati per trattenere i talenti nelle regioni meridionali.

Federico Chiarenza

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