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Licenziato perchè andava a lavoro in mutande, risarcito per più di 200mila euro

Alberto Muraglia, meglio conosciuto come l’ex “vigile in mutande” di Sanremo, ha ottenuto un risarcimento di 227 mila euro dal Comune.

Questa vicenda insolita e controversa ha sollevato questioni non solo legali, ma anche etiche e sociali riguardo al comportamento sul posto di lavoro e alle conseguenze delle azioni personali.

La storia mette in luce i complessi equilibri tra vita privata e responsabilità professionali nell’era dei social media dove ogni azione può essere immortalata e giudicata pubblicamente. Il caso dell’ex “vigile in mutande” rimarrà negli annali come esempio emblematico dei tempi moderni.

L’inizio dell’epopea giudiziaria

Tutto ebbe inizio nel 2015 quando delle foto di Muraglia intento a timbrare il cartellino del lavoro indossando soltanto slip e t-shirt fecero il giro del web, suscitando indignazione pubblica. Queste immagini non solo provocarono scalpore ma segnarono l’avvio di una battaglia legale che si protrasse per anni. Muraglia sostiene che quell’esposizione mediatica gli abbia causato “un grave danno psicologico”, portandolo a difendersi nelle sedi opportune.

Grave danno psicologico – Cantolibre.it

La Suprema Corte ha messo la parola fine alla disputa confermando l’illegittimità del licenziamento operato dal Comune di Sanremo nei confronti dell’ex vigile. La Cassazione ha riconosciuto che Muraglia, residente nello stesso palazzo dove svolgeva le sue mansioni lavorative, dopo aver timbrato il cartellino procedeva effettivamente a svolgere il suo lavoro. Questo dettaglio è stato cruciale nella valutazione della legittimità delle sue azioni e della successiva decisione del licenziamento.

Oltre al risarcimento ricevuto, Alberto Muraglia ha avanzato ulteriori richieste economiche: la rivalutazione Istat degli arretrati di stipendio lordi, la liquidazione delle ferie non godute e le 18 mensilità previste in caso di dimissioni volontarie. Queste richieste evidenziano la complessità della situazione finanziaria derivante dalla lunga battaglia legale e dall’interruzione forzata dell’attività lavorativa.

Dopo anni trascorsi a combattere questa battaglia giudiziaria, oggi Alberto Muraglia guarda al futuro con rinnovata speranza. Non più vigile urbano, si è reinventato come imprenditore. La sua storia serve da monito sulla delicatezza delle dinamiche lavorative e sulle conseguenze che comportamenti apparentemente innocui possono avere sulla vita professionale degli individui.

Federico Chiarenza

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