TURISMO

Tassa di soggiorno prezzi alle stelle, quali sono le città italiane più care

La tassa di soggiorno, un’imposta comunale che ha suscitato dibattiti e discussioni fin dalla sua introduzione, si appresta a registrare incassi record nel 2024.

Questo tributo, che varia notevolmente da città a città, oscilla generalmente tra 1 euro e 10 euro per notte. La sua applicazione è frutto di una decisione autonoma dei Comuni italiani, i quali stabiliscono attraverso specifiche delibere sia i soggetti tenuti al versamento sia eventuali esenzioni.

La tassa di soggiorno non viene applicata uniformemente in tutto il territorio nazionale. I Comuni hanno la libertà di decidere se introdurla o meno e a quale categoria di strutture ricettive applicarla. Di norma, sono tenuti al pagamento gli ospiti degli alberghi, agriturismi, bed & breakfast e delle stanze affittate tramite piattaforme come AirBnB presenti nei Comuni che hanno deciso l’introduzione dell’imposta. Questa scelta discrezionale rende l’imposta una sorta di “macchia di leopardo” sul territorio italiano.

Quanto incassano i comuni?

Il gettito derivante dalla tassa di soggiorno rappresenta una fonte importante per le casse comunali. Nel corso del 2023 si è registrato un incasso complessivo pari a 702 milioni di euro, segnando un incremento del 9,5% rispetto all’anno precedente. Tale trend positivo sembra destinato a proseguire anche nel corso del prossimo anno con previsioni che indicano possibili incassi record in alcune città italiane.

Tra le città italiane che prevedono incassi maggiori dalla tassa di soggiorno nel 2024 spiccano i Comuni veneti. Secondo uno studio della Fondazione Think Tank Nord Est sui bilanci comunali veneti, l’imposta dovrebbe generare circa 98,6 milioni d’euro totali per i comuni della regione che l’hanno adottata. In particolare Venezia si attesta come la città con il maggiore gettito previsto: solo nella Serenissima si stima un introito intorno ai 60 milioni d’euro.

Quali sono le città più care (Cantolibre.it)

L’aumento degli introiti è attribuibile non solo al trend positivo del turismo ma anche all’ampliamento del numero dei comuni che hanno deciso d’introdurre questa imposta negli ultimi anni; infatti dal confronto con dati precedenti emerge chiaramente come il numero dei comuni veneti interessati sia cresciuto significativamente passando da 125 unità nel 2019 a ben 148 nell’anno corrente.

Mentre alcuni vedono nella tassa una necessaria risorsa finanziaria per sostenere le infrastrutture turistiche locali e preservare il patrimonio artistico-culturale delle città d’arte italiane; altri ne criticano l’applicazione disomogenea e gli effetti sul costo complessivo della vacanza per i turisti. Ciò nonostante, vista la tendenza degli ultimi anni e le previsioni future sembra chiaro come questa forma impositiva continuerà ad essere uno strumento ampiamente utilizzato dai comuni italiani.

Roberto Arciola

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